La Risoluzione E Il Recesso Secondo Il Nuovo Codice Dei Contratti Pubblici
Gli artt. 122 e 123 dello schema del nuovo Codice dei Contratti pubblici sono dedicati rispettivamente alla disciplina della risoluzione e del recesso.
Il recesso è un atto unilaterale con cui una delle parti chiede il proscioglimento dal vincolo contrattuale, che può avvenire a causa di un ripensamento o per varie anomalie sopraggiunte; la risoluzione invece permette di sciogliere il contratto con il consenso di entrambe le parti e avviene per ipotesi di inadempimento, impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità.
Gli articoli sopracitati sono accomunati da un’opera di snellimento avviata dal legislatore, in un’ottica di semplificazione.
Tra le principali novità dell’art. 122, si segnala la volontà del legislatore di inserire al primo comma un inciso chiarificatore, in virtù del quale le stazioni appaltanti possono risolvere il contratto di appalto “senza limiti di tempo”.
Per il resto, l’art. 122 ripropone la medesima struttura dell’art. 108 del D.lgs. n. 50/2016. Il primo comma contempla i quattro casi in cui la pubblica amministrazione ha la facoltà di risolvere il contratto durante il suo periodo di efficacia, soltanto se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
- a) il contratto ha subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 106;
- b) con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettere b) e c) sono state superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettera e) del predetto articolo, sono state superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 2, sono state superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lettere a) e b);
- c) l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto in una delle situazioni di cui all’articolo 80, comma 1, sia per quanto riguarda i settori ordinari sia per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto o di aggiudicazione della concessione, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136, comma 1;
- d) l’appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.
Il secondo comma, invece, disciplina i casi in cui la risoluzione del contratto è obbligatoria. Il terzo e il quarto comma contengono una previsione generale di risoluzione del contratto di appalto, conseguente ad un grave inadempimento ovvero ad una negligenza dell’appaltatore. Il quinto, sesto e settimo comma forniscono un quadro delle conseguenze che scaturiscono da una risoluzione del contratto.
L’ottavo e ultimo comma, nel riproporre il nono comma dell’art. 108 del D.lgs. n. 50/2016, prevede in capo alla stazione appaltante una facoltà alternativa all’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali che inibiscono o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro.
Per quanto riguarda, invece, l’art. 123, che tra i due è sicuramente quello che ha subito una maggiore operazione di snellimento, le novità sono essenzialmente due e si concentrano nei primi due commi. Nello specifico, il primo comma mutua la proposizione pregressa e anziché “previo pagamento” prevede che la stazione appaltante può recedere dal contratto in qualunque momento “purché tenga indenne l’appaltatore”. Il secondo comma, invece, chiarisce che l’atto di recesso consiste nella comunicazione e che questa deve essere scritta.
In sostanza, dunque, in tema di risoluzione e recesso, lo schema del nuovo Codice dei Contratti pubblici ribadisce principi già risaputi ma sotto una nuova veste, più smart.