La revisione dei prezzi nell’appalto: obbligo non previsto
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5667 del 7 luglio 2022, si è pronunciato sulle Clausole di revisione prezzi e sui relativi limiti di applicazione, stabilendo che la revisione dei prezzi, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, non è obbligatoria come nella previgente disciplina (artt. 114 e 133 del d.lgs. n. 163/2006), ma opera solo se prevista dai documenti di gara.
Il caso oggetto della summenzionata sentenza riguarda il ricorso presentato da un operatore economico per ottenere dalla Stazione Appaltante, il pagamento dei maggiori oneri subiti a seguito dell’incremento dei prezzi delle materie prime e degli importi recati dalle riserve iscritte in contabilità.
Nello specifico la Stazione appaltante aveva aggiudicato un appalto per la realizzazione di lavori stradali. Nel corso dell’intervento si era verificato un rilevante aumento del prezzo dei materiali ferrosi e bituminosi rispetto a quelli previsti al momento dell’offerta e l’impresa aveva segnalato la conseguente intenzione di recedere dal contratto ma, a fronte dell’intimazione della SA a completare i lavori e alla prospettazione di una risoluzione per inadempimento oltre che del rigetto della istanza di recesso, i lavori erano stati portati a termine, con iscrizione di una serie di riserve nella contabilità.
Il Consiglio, in riferimento alla natura e agli obiettivi della disciplina sulla revisione prezzi, ha evidenziato che:
- la revisione prezzi (al tempo disciplinata per gli appalti di servizi o forniture dall’art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 che ha recepito la disposizione di cui all’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537) si applica ai contratti di durata, ad esecuzione continuata o periodica, trascorso un determinato periodo di tempo dal momento in cui è iniziato il rapporto e fino a quando lo stesso, fondato su uno specifico contratto, non sia cessato ed eventualmente sostituito da un altro;
- con la previsione dell’obbligo di revisione del prezzo, i contratti di forniture e servizi sono stati muniti di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporti la definizione di un “nuovo” corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto, conseguente alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale, con beneficio per entrambi i contraenti;
- l’istituto della revisione dei prezzi, in particolare, ha la finalità di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa e al contempo essa è posta a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto;
- l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale.
Presupposto comune all’istituto della revisione dei prezzi, comunque all’epoca applicabile ai soli appalti di servizi e forniture, è l’esecuzione continuata o periodica.
Del tutto coerente risulta quindi, a maggior ragione per i contratti infra annuali, il divieto di carattere generale relativo alla revisione dei prezzi previsto dall’art. 133 del d.lgs. n. 163/2006 per gli appalti di lavori.
Inoltre, la revisione prezzi, secondo la disciplina pro tempore applicabile, si riferisce ai contratti di durata pluriennale a partire dall’anno successivo al primo, e l’art. 115 d.lgs. 163/2006 prevede l’inserimento obbligatorio della clausola di revisione prezzi, con conseguente sostituzione di diritto ex art. 1339 cod. civ. delle clausole contrattuali difformi, nulle di pieno diritto ex art. 1419 cod. civ.
Nel caso analizzato, non solo l’art. 133 del d.lgs. n. 163/2006 vietava la revisione dei prezzi, ma essa era stata inserita nel contratto con apposita clausola di divieto.
Dato che la revisione dei prezzi, da rapportarsi a sopravvenute esigenze dei contraenti, caratterizza in particolare i contratti di durata pluriennale, il divieto di revisione è da riferire sia ai contratti di durata inferiore sia a quelli di durata superiore all’anno non essendo presente, al secondo comma, alcuna distinzione tra le due categorie di contratti.
I Giudici di Palazzo Spada, infine, sottolineano che la disciplina delle riserve non è applicabile all’ipotesi della revisione dei prezzi, in ragione della diversa natura dei due istituti. Come ha sottolineato la Corte di Cassazione, l’onere dell’appaltatore di inserire le proprie pretese nei confronti dell’amministrazione o dell’ente appaltante nel registro di contabilità e nel conto finale e, quindi, nel certificato di collaudo ex artt. 91 e 107 del r.d. n. 350 del 1895, riguarda le sole istanze inerenti alla contabilizzazione del corrispettivo contrattuale delle opere eseguite o da eseguire, ma non già anche le riserve per eventuale revisione dei prezzi, con riguardo alle quali ultime è sufficiente che la relativa domanda sia comunque presentata prima della firma del certificato di collaudo, senza che sia necessaria la sua riproduzione in quel documento.
L’appello, di conseguenza, è stato respinto.