La nullità della clausola che esclude la revisione del prezzo negli appalti pubblici
Il Tar Lazio-Roma, sez. IV, con sentenza del 21 aprile 2022 n. 4793, ha stabilito che negli appalti pubblici è nulla la clausola del contratto che esclude la revisione del prezzo ed è precluso alla P.A. qualsiasi patto in deroga alla ammissibilità della revisione dei prezzi.
Il caso oggetto della summenzionata sentenza riguarda l’affidamento di un appalto di lavori, in merito al quale l’impresa esecutrice aveva avanzato all’Amministrazione istanza di revisione del prezzo del contratto. A riguardo l’Amministrazione, è rimasta in un primo momento inerte, costringendo l’impresa ad adire il giudice amministrativo per l’accertamento del silenzio inadempimento, e, successivamente, in ottemperanza all’ordine di provvedere, ha adottato una decisione di diniego, appellandosi alla clausola contrattuale che escludeva la possibilità revisionale del corrispettivo.
Il provvedimento è stato impugnato innanzi al TAR Lazio che invece ha annullato il diniego opposto all’istanza sul presupposto che la materia della revisione prezzi è sottratta a qualsiasi potere negoziale delle parti contrattuali.
I giudici amministrativi, hanno ritenuto che la disposizione normativa dettata dall’art. 2 della legge 22 febbraio 1973 n. 37 in forza della quale la materia della revisione prezzi è sottratta a qualsiasi potere negoziale delle parti contrattuali, prevale sulle contrarie pattuizioni eventualmente contenute in atti negoziali.
La giurisprudenza infatti ha precisato, peraltro, che il divieto di patti contrari o in deroga, sancito dal menzionato art. 2 della legge n. 37 (secondo cui “la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi è ammessa, secondo le norme che la regolano, con esclusione di qualsiasi patto in contrario o in deroga“), non risulta abrogato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 33 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
Di conseguenza, per il Tar è illegittimo il provvedimento di diniego della revisione del prezzo del contratto, residuando tuttavia in capo alla P.A. il potere valutativo della domanda, che presuppone una specifica attività istruttoria. L’istituto ha infatti la finalità di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle PP.AA. non siano esposte con il tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte.
Si vuole inoltre salvaguardare l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni.