La Disciplina Dell’Equo Compenso Nelle Gare Pubbliche
Il Tar Lombardia, con Sentenza n. 1071 del 29 aprile 2021, ha stabilito che “La disciplina dell’equo compenso è rivolta a tutelare la posizione del professionista debole e non l’indipendenza, la dignità e il decoro della categoria professionale, la quale si realizza attraverso il rispetto dei precetti contenuti nel codice deontologico, che impongono al professionista di non offrire la propria prestazione in cambio di compensi lesivi della dignità e del decoro professionale, nel rispetto dei principi della corretta e leale concorrenza (articolo 9, comma 1, del Codice deontologico forense) e dei doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi (articolo 19 del codice deontologico forense)”.
Il caso oggetto della summenzionata sentenza, riguarda un Comune che, dopo essere stato coinvolto in un contenzioso, ha avviato una procedura comparativa per il conferimento del patrocinio legale dell’ente, chiedendo a cinque professionisti, considerati esperti, la presentazione di un preventivo dei costi per l’espletamento dell’incarico.
Il terzo classificato ha presentato ricorso sostenendo che i preventivi presentati dal primo e dal secondo classificato non avrebbero dovuti essere presi in considerazione in quanto inferiori ai parametri minimi e contrari all’articolo 4 del Codice Appalti in relazione ai rischi che il Comune assumerebbe di ottenere una prestazione non adeguata alla complessità dell’incarico professionale affidato e di vedersi dichiarare la nullità della clausola contrattuale.
La tesi del ricorrente, secondo i giudici, per cui le pubbliche amministrazioni sarebbero tenute sempre e comunque a corrispondere al professionista incaricato di un servizio legale un compenso non inferiore al minimo dei parametri stabiliti dal decreto ministeriale, anche ove il compenso non sia imposto unilateralmente o non si ravvisi un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, non può essere accolta.
Ciò comporterebbe un’irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell’affidamento dei servizi legali, in assenza delle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità che giustificano l’introduzione di requisiti restrittivi della libera concorrenza (Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 23 novembre 2017, nelle cause C-427/2016 e C-428/2016).
Le Pubbliche Amministrazioni infatti sono libere di non applicare il principio dell'”equo compenso” nei confronti degli avvocati qualora, per l’affidamento del patrocinio legale, venga utilizzata una “procedura comparativa”.
A riguardo, la giurisprudenza ha affermato addirittura la compatibilità con la disciplina dell’equo compenso persino delle procedure di affidamento di incarichi professionali gratuiti (T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione II, 30 settembre 2019, n. 11410; T.a.r. Calabria, sede di Catanzaro, Sezione I, 2 agosto 2018, n. 1507).