Il Consiglio di Stato sull’eventuale compensazione dei prezzi in un appalto
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 278 del 9 gennaio 2023, si è pronunciato sulla compensazione dei prezzi prevista dal D.L. n. 162/2008, stabilendo che la stessa va calcolata non in astratto ma sulla base dei costi realmente sostenuti dall’impresa.
Nel caso specifico il Consiglio di Stato ha respinto, con la sentenza summenzionata, il ricorso in appello presentato da un’ATI che aveva richiesto una compensazione dei costi sostenuti nella realizzazione di lavori di manutenzione, interamente eseguiti e terminati nel 2008. La richiesta era stata avanzata sulla base dell’art. 1 del D.L. n. 162/2008, in relazione all’art. 133 comma 4 del d. lgs. n. 163/2006 (Codice dei Contratti Pubblici allora in vigenza) e dal relativo DM del Ministero delle Infrastrutture 30 aprile 2009.
I giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che il D.L. n. 162/2008, con l’obiettivo di favorire le imprese a fronte di aumenti dei prezzi eccezionali registratisi in quel periodo, ha previsto “in deroga a quanto previsto dall’articolo 133, commi 4, 5, 6 e 6-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rileva entro il 31 gennaio 2009, con proprio decreto, le variazioni percentuali su base semestrale, in aumento o in diminuzione, superiori all’otto per cento, relative all’anno 2008, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi”.
Per ottenere questa compensazione “straordinaria”, l’art. 1 del d.l. n. 162/2008, ha difatti ribadito al comma 3 che “La compensazione è determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori nell’anno 2008 le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate dal decreto ministeriale di cui al comma 1 con riferimento alla data dell’offerta, eccedenti l’8 per cento se riferite esclusivamente all’anno 2008 ed eccedenti il 10 per cento complessivo se riferite a più anni” e al comma 4 ha mantenuto la necessità di presentare, a pena di decadenza, la relativa istanza entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di rilevamento delle variazioni dei prezzi.
L’ATI ha quindi presentato istanza di compensazione nel giugno 2009, che la SA ha respinto, specificando che le fatture e le dichiarazioni allegate alla domanda fossero inidonee a giustificarla, in quanto tutte erano state inoltrate decorso il termine di decadenza di 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di rilevamento delle variazioni dei prezzi. Per ottenere la compensazione, secondo l’amministrazione, sarebbe stato necessario presentare entro il termine di decadenza non solo la domanda relativa, ma anche tutta la documentazione giustificativa della stessa.
Palazzo Spada, a riguardo, ha ribadito che la norma relativa alla compensazione dei prezzi, è intesa non a riconoscere una sorta di finanziamento a fondo perduto, come sarebbe se la compensazione venisse riconosciuta a prescindere da un pregiudizio concreto subito dall’appaltatore, ma a ristorare quest’ultimo da perdite effettivamente subite.
Quanto detto viene confermato dal testo stesso dell’art. 133 che si riferisce a “lavorazioni contabilizzate” in un anno solare ben determinato e a “quantità accertate” relative alle lavorazioni stesse, il che rimanda ad una valutazione concreta, e non a criteri astratti. Altra conferma viene data dalla circolare applicativa della norma (circolare del Ministero delle infrastrutture 4 agosto 2005 n.871), che all’art. 2, comma 2, richiede che il direttore dei lavori provveda ad accertare “le quantità del singolo materiale da costruzione cui applicare la variazione di prezzo unitario” sulla base della contabilità di cantiere, e quindi con un apprezzamento relativo alla situazione di fatto così come essa si presenta.
Sulla base di quanto sopra detto, i giudici hanno respinto il ricorso e hanno ribadito come la documentazione contabile di un’impresa, non è nella disponibilità dell’amministrazione che con l’impresa abbia concluso un qualche contratto. Difatti è solo l’impresa interessata ad ottenere la compensazione a poter sapere quale sia la documentazione idonea a sostenere la relativa richiesta.