Il Consiglio di Stato sull’appalto integrato e la progettazione definitiva
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5499 del 1° luglio 2022, ha statuito che in caso di procedura di affidamento di appalto integrato, il progettista definitivo non va automaticamente escluso, se la stazione appaltante dimostra che la gara si è svolta tutelando i principi di concorrenza. A riguardo infatti, è necessario provare che sono state riservate a tutti i concorrenti le stesse condizioni di partecipazione alla gara.
Il caso oggetto della summenzionata sentenza, nello specifico, riguarda il ricorso presentato da due società risultate inizialmente prime due classificate nella graduatoria di una procedura negoziata, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b), d.l. n. 76 del 2020, convertito con legge n. 120/2020, per l’affidamento congiunto di un appalto integrato per la progettazione esecutiva, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, ed esecuzione dei lavori relativi all’intervento di miglioramento e adeguamento sismico di un edificio scolastico.
In un primo memento il Tar aveva confermato la tesi di uno dei due concorrenti, il quale sosteneva che le due società designate per la progettazione esecutiva avevano già preso parte alla progettazione definitiva degli stessi interventi, ragion per cui andavano escluse dalla gara.
I giudici di Palazzo Spada richiamando quanto disposto dall’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), hanno ribaltato quanto detto in primo grado.
Il codice degli Appalti stabilisce che:
- gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione;
- tali divieti non si applicano laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l’esperienza acquisita dell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori.
Quanto previsto dal codice, ha lo scopo di evitare che nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori gli interessi di carattere generale ad essa sottesi, possano essere sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di un progetto “ritagliato su misura per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice” e la competizione per aggiudicarsi i lavori risulti falsata a vantaggio dello stesso operatore.
Difatti, il divieto, si propone di assicurare le condizioni di indipendenza e imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, necessarie affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione assegnatagli dall’amministrazione, anche “di ausilio alla P.A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati”.
A riguardo però, la norma non introduce una causa automatica e insuperabile d’esclusione a carico del progettista coinvolto nella successiva fase esecutiva, bensì determina un regime di “inversione normativa dell’onere della prova”. In sostanza, la norma pone a carico dell’operatore economico aggiudicatario l’onere di dimostrare che l’esperienza acquisita nell’espletamento dell’incarico di progettazione non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara.
In questo caso, l’onere probatorio è stato assolto e la stazione appaltante ha assunto un’espressa posizione, attraverso un provvedimento di riesame, indicando gli elementi che, sulla base di quanto esposto nelle Linee Guida n. 1 dell’ANAC, risulterebbero idonei a superare la presunzione posta dall’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016 di incompatibilità dei progettisti.
Ancora, nel caso in esame, sono stati messi a disposizione di tutti concorrenti tutti i documenti in formato editabile attinenti alla progettazione definitiva ed è stato disposto al contempo dalla stazione appaltante un differimento del termine per la presentazione delle offerte.
L’amministrazione si è quindi concretamente adoperata per scongiurare ipotesi di vantaggi informativi e competitivi in favore di alcuni operatori in ragione della pregressa attività di progettisti dei medesimi interventi, e nel far ciò ha dato prova di essersi espressamente allineata ai principi (ragionevolmente) affermati dall’ANAC.
In riferimento alle cause d’esclusione, Palazzo Spada non ravvisa una distorsione concorrenziale derivante dalla precedente attività progettuale tale da imporre l’esclusione del concorrente, per cui non può ritenersi integrata la causa espulsiva dell’art. 80, comma 5, lett. e), d.lgs. n. 50 del 2016.
Non si ravvisa nemmeno la causa escludente ex art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50/2016 relativa alla sussistenza di un unico centro decisionale.
Il ricorso è stato quindi accolto in quanto la Stazione Appaltante ha messo tutti i concorrenti nelle stesse condizioni di partecipare alla progettazione esecutiva, per cui si è messa in pratica, in maniera legittima, l’eccezione prevista dall’art. 24, comma 7 del Codice dei Contratti.