Consiglio Di Stato: Nuova Sentenza Sulla Verifica Dell’Offerta Di Anomalia
Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 2437 del 22 marzo 2021, ha stabilito che: “Il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è volto ad accertare l’attendibilità e la serietà dell’offerta e l’effettiva possibilità dell’impresa di bene eseguire l’appalto alle condizioni proposte: la valutazione ha natura necessariamente globale e sintetica, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo ed in una “caccia all’errore” nella loro indicazione nel corpo dell’offerta, costituendo esercizio di apprezzamento tecnico, non sindacabile in giustizia se non per illogicità, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà”.
Ancora si sottolinea che “il giudizio sull’anomalia o l’incongruità dell’offerta, è espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo nei limiti indicati, senza procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità e delle singole voci, pena un’inammissibile invasione della sfera amministrativa“
Il caso oggetto della summenzionata sentenza, riguarda un consorzio escluso dal bando di gara per l’affidamento del servizio di Informazione e Comunicazione di un Comune italiano. Il secondo classificato propone ricorso contestando l’offerta del consorzio per lo scostamento dalle tabelle ministeriali per quanto riguarda le ore medie di malattia e l’insufficienza all’effettivo indice di malattia storico della cooperativa esecutrice.
Il Consiglio di Stato sostiene e condivide il giudizio del Tar in primo grado, evidenziando non solo la non condivisibilità del giudizio di “non anomalia” espresso dalla stazione appaltante, ma ne ha riscontrato l’erroneità e l’irragionevolezza, dimostrando l’insostenibilità nel complesso dell’offerta. Secondo i giudici non ha neanche violato il principio di separazione dei poteri. Infatti, il Tar “non ha rilevato specifiche inesattezze dell’offerta economica, nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia della stazione appaltante, ma ha accertato che non vi erano state valutazioni in concreto dell’offerta, al fine di verificarne la serietà ed affidabilità in relazione alla corretta esecuzione del servizio. In definitiva, la sentenza si è conformata al principio giurisprudenziale per cui la valutazione di congruità dev’essere globale e sintetica, senza concentrarsi e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, avendo riscontrato elementi da cui emergeva l’implausibilità delle giustificazioni del Consorzio e la macroscopica illogicità ed erroneità del generico giudizio di non anomalia dell’offerta formulato dalla Stazione appaltante“. Non si parla dunque di difetto di istruttoria e di adeguata motivazione, ma “viene analizzata l’insostenibilità dell’offerta nel suo complesso“.
Secondo i giudici, dunque, non si può stabilire una soglia di utile al di sotto della quale un’offerta deve essere considerata “anomala”, potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo.
Nel caso di specie la considerazione delle voci omesse (o erroneamente conteggiate) non poteva che portare irrimediabilmente l’offerta in perdita, assorbendo l’utile dichiarato e non trovando giustificazioni neppure tra i costi generali.
Il Consiglio Di Stato ritiene a riguardo che lo scostamento del costo del lavoro rispetto ai valori ricavabili dalle tabelle ministeriali non comporta un automatico giudizio di inattendibilità dell’offerta. Le tabelle espongono dati non inderogabili ed assolvono ad una funzione di “parametro legale di riferimento” da cui è possibile discostarsi: purché si giustifichi l’anomalia, con dimostrazione puntuale e rigorosa, tanto più se si considera che il dato delle ore annue mediamente lavorate dal personale coinvolge eventi (malattie, infortuni, maternità) estranei alla disponibilità dell’impresa e che necessitano, per definizione, di stima prudenziale.