Codice dei Contratti Pubblici: Modifica raggruppamento di imprese
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 899 dell’8 febbraio 2022, si è pronunciato sulla modifica del raggruppamento temporaneo di impresa e sulle condizioni per attuarlo.
Nella sentenza viene specificato che la modifica della composizione di un raggruppamento può essere fatta soltanto togliendo operatori, ma mai aggiungendo componenti estranei a quello originario. Questo è un principio previsto nell’art. 48 del Codice dei Contratti Pubblici.
Il caso attiene alla revoca dell’aggiudicazione di una concessione ventennale causata della sopravvenuta inidoneità dell’ATI a cui era stato affidato l’incarico. Dopo l’aggiudicazione, l’ATI ha infatti proposto la sostituzione della mandataria con una delle mandanti e il subentro della mandante con un’altra società, estranea al raggruppamento originario. L’Amministrazione ha quindi rigettato la proposta di “sostituzione esterna” e ha revocato la concessione, sia per il divieto di modificazioni soggettive dell’ATI “per addizione”, sia per la ritenuta inaffidabilità del proposto nuovo mandante.
Il Consigli di Stato nel richiamare l’art. 48, comma 9, del Codice dei contratti per cui “è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei… rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta”, ha specificato che la modifica può avvenire soltanto “per sottrazione” (ossia mediante subentro di soggetti già appartenenti al raggruppamento) e mai “per addizione” (ossia mediante soggetti esterni al raggruppamento medesimo).
Lo scopo è vitare che la stazione appaltante si trovi ad aggiudicare la gara e a stipulare il contratto con un soggetto del quale non abbia potuto verificare i requisiti, generali o speciali, di partecipazione, in conseguenza di modifiche della composizione del raggruppamento avvenute nel corso della procedura ad evidenza pubblica o nella fase esecutiva del contratto” (principio di trasparenza).
Altro obiettivo della norma è quello di tutelare la par condicio dei partecipanti alla gara con modifiche della composizione soggettiva del raggruppamento “calibrate” sull’evoluzione della gara o sull’andamento del rapporto contrattuale” (principio della parità di trattamento).
Infine i giudici di Palazzo Spada, ricordano che l’Adunanza Plenaria n. 10/2021 ha già affrontato in senso positivo il tema della conformità dell’art. 48 del Codice dei contratti, rispetto alle direttive eurounitarie in materia di appalti, in particolare laddove si afferma che “La Corte di Giustizia UE, nella sentenza del 24 maggio 2016 in C-396/14, ha chiarito che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza significano, in particolare, che gli offerenti devono trovarsi su un piano di parità sia al momento in cui preparano le offerte sia al momento in cui queste vengono valutate dall’amministrazione aggiudicatrice e, in questi termini, detto principio e detto obbligo “costituiscono la base delle norme dell’Unione relative ai procedimenti di aggiudicazione degli appalti pubblici”.
Sottolineano inoltre che: “Il principio di parità di trattamento tra gli offerenti, che ha lo scopo di favorire lo sviluppo di una concorrenza sana ed effettiva tra le imprese che partecipano ad un appalto pubblico, impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica quindi che queste siano soggette alle medesime condizioni per tutti i concorrenti”.