Cauzione Provvisoria: Applicabilità della Disciplina Più Favorevole Sopravvenuta
La Cauzione provvisoria è una garanzia fideiussoria pretesa dalle Stazioni Appaltanti e richiesta alle aziende che vogliono partecipare a gare di appalto per lavori, servizi, forniture e manutenzioni.
L’obiettivo della Cauzione provvisoria, alla luce dell’art. 93 del Codice degli Appalti, è quello di tutelare chi bandisce una gara d’appalto in quanto risarcisce la Stazione Appaltante nel caso in cui l’azienda che vince la gara non firmi il contratto di appalto.
La “Provvisoria” difatti, copre la mancata sottoscrizione del contratto di appalto da parte dell’azienda che ha vinto la gara e garantisce al Committente che questa possiede tutti i requisiti previsti nel bando di gara.
La garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto.
La V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3299 del 26 aprile 2021, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, nel combinato disposto con l’art. 216 del medesimo Codice, per contrasto con gli artt. 3 e 117 della Costituzione.
In particolare: “E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 93, c. 6, che disciplina la cauzione provvisoria prestata dagli operatori economici che partecipino ad una gara, nel combinato disposto con l’art. 216, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per contrasto con gli artt. 3 e 117, c. 1, Cost., che precludono l’applicabilità della disciplina sanzionatoria più favorevole sopravvenuta, introdotta dal nuovo Codice dei contratti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), rispetto alla disciplina previgente che prevede l’escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell’aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica, in quanto già in vigore al momento dell’adozione del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria”.
Difatti, mentre la nuova disciplina è chiara nel circoscrivere la possibilità, per la stazione appaltante, di escutere la garanzia nei soli confronti dell’aggiudicatario e in casi specifici, l’art. 48, d.lgs. n. 163/2006, non distingue a tal fine fra aggiudicatari e semplici partecipanti alla gara.
L’Adunanza Plenaria, in effetti, aveva chiarito come la cauzione provvisoria, nel sistema del previgente Codice, svolgesse altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti (Cons. Stato, Ad. Plen., 10 dicembre 2014, n. 34). Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, essa assumerebbe anche la funzione di una sanzione amministrativa, «seppure non in senso proprio» (sul punto, il Collegio richiama la propria precedente pronuncia Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2181).
Il Consiglio di Stato ritiene che, con riferimento alla disciplina della cauzione provvisoria, dovesse farsi applicazione del principio di retroattività della c.d. lex mitior in materia penale. Tale principio, alla luce della giurisprudenza costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU n. 15/1996), sarebbe applicabile anche alle misure sanzionatorie di carattere amministrativo, sia pure non genericamente considerate ma soltanto in relazione a “specifiche discipline sanzionatorie che, pur qualificandosi come amministrative ai sensi dell’ordinamento interno, siano idonee ad acquisire caratteristiche “punitive” alla luce dell’ordinamento convenzionale”
Rispetto a una singola sanzione amministrativa, sostengono i giudici, che abbia finalità e natura “punitiva”, quale era la cauzione provvisoria nel sistema del d.lgs. n. 163/2006 secondo quanto chiarito a suo tempo dall’Adunanza Plenaria, «il complesso dei principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della “materia penale” – ivi compreso quello di retroattività della lex mitior – non potrà che estendersi anche a tali sanzioni».
La Corte costituzionale, infatti, già aveva ricordato che, laddove «la sanzione amministrativa abbia natura “punitiva”, di regola non vi sarà ragione per continuare ad applicare nei confronti di costui tale sanzione, qualora il fatto sia successivamente considerato non più illecito, né per continuare ad applicarla in una misura considerata ormai eccessiva (e per ciò stesso sproporzionata) rispetto al mutato apprezzamento della gravità dell’illecito da parte dell’ordinamento» (in questi termini, Corte cost. n. 63/2019). La decisione della Corte costituzionale, richiamata nell’ordinanza in commento, è resa proprio con riferimento al parametro costituzionale dell’art. 3, invocato anche dal Consiglio di Stato, e fa salve soltanto “ragioni cogenti di tutela di controinteressi di rango costituzionale, tali da resistere al medesimo vaglio positivo di ragionevolezza”.
Stante la natura punitiva della misura sanzionatoria amministrativa prevista dall’art. 48 del d.lgs. n. 163/2006, per il Consiglio di Stato, essa deve soggiacere alle garanzie che la Costituzione (all’art. 3) e il diritto internazionale (all’art. 15, comma 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, e all’art. 49, par. 1, CDFUE) assicurano alla materia, ivi compresa la garanzia della retroattività della lex mitior.
Nello specifico, le norme di diritto internazionale invocate, vengono in rilievo quali norme interposte in riferimento al parametro di cui all’art. 117 Cost., che impone il rispetto degli obblighi internazionali.
In conclusione alla Corte Costituzionale si richiede una pronuncia additiva che consenta l’applicabilità della disciplina più favorevole sopravvenuta in tema di cauzione provvisoria ed inoltre dovrà chiarire se la disciplina della cauzione provvisoria di cui al previgente Codice, sia tale da farla inquadrare in una sanzione amministrativa.