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Right To Be Forgotten: Il Diritto Ad Essere “Dimenticati”

By consulteam inPrivacy

Il diritto all’oblio è il diritto dell’individuo ad essere “dimenticato” nell’ambiente virtuale, luogo in cui si incontra una pluralità di persone che potrebbe mettere a rischio la privacy individuale. Parlare di diritto all’oblio online significa affermare che è possibile ottenere la cancellazione (o la non pubblicazione) dei dati di una persona, in modo che questi non possa essere più ricondotto ad un certo fatto o notizia giornalistica, pubblicata sul web ma non più attuale. In sintesi, diritto alla privacy significa diritto alla cancellazione da Google, dei link e/o delle foto e/o delle informazioni su aspetti personali di qualcuno che sia stato coinvolto, a vario titolo, in notizie di cronaca e in fatti che siano conosciuti o conoscibili da una pluralità di persone.

Ai sensi dell’art. 17 del GDPR: “L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se (…) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati”. Quindi, fra le varie ipotesi, l’interessato può chiedere la cancellazione quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati, o quando abbia revocato il consenso al trattamento o i dati siano stati trattati illecitamente.

Il diritto alla cancellazione, sempre ai sensi dell’art. 17 GDPR, non sussiste quando il trattamento dei dati è necessario per soddisfare alcune esigenze; fra queste, per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione oppure a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica.

Il problema è quello di stabilire quando il trattamento dei dati personali possa essere considerato davvero “necessario”. A riguardo è sempre l’autorità (garante privacy o giudice) chiamata a decidere se in una certa vicenda sottoposta al suo esame la persona possa legittimamente pretendere che una notizia che lo riguarda, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione.

Il diritto all’oblio può essere esercitato da chiunque, chiedendo al gestore del motore di ricerca, quale titolare del trattamento, di rimuovere dai risultati di ricerca associati al suo nominativo le URL che rinviano alle fonti che riportano informazioni ritenute per lui pregiudizievoli.

Il successivo rimedio, in caso di mancata risposta o di risposta negativa, è il reclamo al Garante Privacy (con possibilità successiva di ricorrere all’autorità giudiziaria) o in alternativa il ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria.

Nei suoi provvedimenti il Garante afferma costantemente che, per valutare se il diritto all’oblio sia stato esercitato in modo legittimo o meno, occorre considerare non solo il fattore “tempo trascorso“, ma anche le Linee Guida del Gruppo di Lavoro “Articolo 29” , nelle quali sono elencati una serie di criteri orientativi per le autorità garanti nazionali chiamate a gestire i reclami riguardanti richieste di deindicizzazione; fra questi criteri (in tutto sono 13), il fatto che il richiedente sia o meno un personaggio pubblico, la minore età dell’interessato, il riferimento alla vita professionale o personale ecc..

Nella sentenza del 24 settembre 2019 (caso C-507/17), la Corte UE ha affermato che il gestore di un motore di ricerca non è obbligato a effettuare la deindicizzazione in tutte le versioni del suo motore di ricerca, ma è obbligato a effettuarla nelle versioni del motore di ricerca corrispondenti agli Stati membri; il gestore deve inoltre attuare misure che scoraggino gli utenti di Internet dall’avere accesso, a partire da uno degli Stati membri, ai link contenuti nelle versioni extra UE del motore.

Ancora, sui rapporti tra diritto all’oblio e diritto all’informazione è intervenuta una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (n. 19681 del 22 luglio 2019) affermando che nel contrasto tra questi due opposti diritti, il giudice deve valutare l’interesse pubblico, concreto e attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che furono protagonisti di quelle vicende. La rievocazione di questi elementi è lecita solo se si riferisce a personaggi che suscitino nel presente l’interesse della collettività.

Bisognerà di conseguenza valutare caso per caso per stabilire qual è il periodo di tempo che genera l’obsolescenza della notizia. Il presupposto del diritto all’oblio è la non necessarietà di una notizia ovvero il decorso di un periodo di tempo che fa venir meno l’interesse pubblico alla conoscenza di un fatto. La mancanza di un interesse sociale difatti fa venir meno la necessità della pubblicazione della notizia stessa.

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