Controlli del Fisco sul bonus ricerca e sviluppo
Da alcuni mesi, l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a effettuare le prime verifiche sul credito d’imposta ricerca e sviluppo. Le notizie che si apprendono sui controlli in corso in tutto il Paese non sono rassicuranti, soprattutto quelle che riguardano alcuni funzionari dell’Amministrazione Finanziaria che contesterebbero il credito nel merito. Il controllo non si limiterebbe alla correttezza e alla regolarità formale della documentazione, ma l’analisi si spingerebbe fino a valutare nella sostanza la tipologia di operazioni poste a base del credito stesso.
In una recente risposta a una interrogazione parlamentare presentata in Commissione Finanze, è stato asserito che i verificatori dell’Agenzia delle Entrate non devono cadere nell’errore di analizzare questioni tecniche e, quindi, non è di loro competenza la verifica nel merito delle attività di ricerca e sviluppo intraprese, ma si deve limitare alla verifica della presenza di tutta la documentazione formale, alla sua redazione e conservazione secondo quanto previsto dalle norme e naturalmente la corrispondenza delle spese sostenute ai relativi documenti. Ogni verifica dei contenuti di innovazione dell’attività di ricerca è di esclusiva competenza del MISE. Appare difficile pensare infatti che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate abbiano le adeguate competenze per poter entrare nel merito di analisi tecniche.
Questa interpretazione tuttavia si scontra, almeno in parte, con quanto disposto dalla circolare 10.04.2019, n. 8/E recante chiarimenti alla legge di Bilancio 2019 che dedica un apposito paragrafo per spiegare alcune novità della L. 145/2018 sul credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo. In particolare, nel provvedimento di prassi si legge testualmente: “Sul punto, si ritiene opportuno sottolineare che l’attività di controllo della corretta applicazione della disciplina del credito di imposta non consiste solo nella verifica dell’effettività e dell’ammissibilità delle spese indicate dall’impresa, nonché della loro pertinenza e congruità, presupponendo anche la previa analisi dei contenuti di ricerca e sviluppo delle attività svolte ai fini della loro ammissibilità al beneficio. Si ricorda, inoltre, che, trattandosi di analisi per le quali si può rendere necessario il supporto di competenze specialistiche nei vari ambiti scientifici e tecnologici, l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 8, c. 2 del decreto attuativo della misura, potrà avvalersi del supporto del Ministero dello Sviluppo Economico per ricevere pareri tecnici in ordine sia alla qualificazione delle attività svolte dall’impresa sia in ordine alla pertinenza e alla congruità delle spese sostenute”. Contraddizione quindi con quanto asserito in Commissione Finanze e con quanto sta accadendo.
È evidente la delicatezza della questione. Se, in sede di verifica, l’Agenzia delle Entrate, entrando nel merito, contesta la non sussistenza del requisito dell’innovazione, l’accertamento non sarà più riferito a un “credito non spettante”, ma si tratterà di “credito inesistente”, con notevole aggravio in termini di sanzioni. A questo punto si spera che prevalga il buon senso, anche alla luce delle numerose incertezze interpretative che, soprattutto nei primi anni, hanno caratterizzato la materia. Ci si chiede infatti se, in tali casi, non sia pertinente la disapplicazione delle sanzioni per incertezza sulla norma, richiamata più volte nel nostro ordinamento.