Commissione giudicatrice: eventuale incompatibilità da valutare di volta in volta
In una gara per l’affidamento di un appalto, l’eventuale illegittima composizione della Commissione giudicatrice non è automatica ma deve essere comprovata, sul piano concreto e di volta in volta, sotto il profilo dell’interferenza sulle rispettive funzioni assegnate.
Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6135 dell’11 settembre 2019 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per la riforma di una precedente decisione di primo grado in riferimento ad una presunta illegittimità nella composizione della Commissione giudicatrice.
L’argomento era già stato chiarito dallo stesso Consiglio di Stato con le sentenze n. 6082 del 26 ottobre 2018 e n. 1387 del 27 febbraio 2019, oltre che dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con la delibera n. 59 del 30 gennaio 2019. La nuova sentenza del Consiglio di Stato ha di fatto ribadito gli stessi concetti, evidenziando come il principio espresso all’art. 77, comma 4 del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) non può essere applicato automaticamente ma va valutato caso per caso e l’eventuale incompatibilità deve essere comprovata, sul piano concreto e di volta in volta, sotto il profilo dell’interferenza sulle rispettive funzioni assegnate al dirigente ed alla Commissione.
L’art. 77, comma 4 del Codice dei contratti prevede che “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura“.
Nel caso di specie, nessuna contestazione è stata svolta. Del resto, il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, è quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio della separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta. Una siffatta incompatibilità per motivi di interferenza e di condizionamento non può sussistere tra chi ha predisposto l’avviso pubblico e chi ha verificato la documentazione di gara.
In riferimento all’incompatibilità contestata della presidente della seconda Commissione, la quale ha approvato la graduatoria, il giudici di Palazzo Spada hanno rilevato come non sia possibile riferire le ragioni di incompatibilità ad un incarico anteriore nel tempo alle preclusioni che deriveranno solamente dall’assunzione di un incarico posteriore; si intende dire che, anche a seguire un’interpretazione rigorosa dell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, potrebbe al più determinarsi l’incompatibilità all’approvazione degli atti di gara, ma non certo la preclusione ad assumere le funzioni di commissario da parte di chi svolgerà solamente in una fase successiva ulteriori funzioni.
Non può, inoltre, che rilevarsi la genericità della doglianza sull’adeguatezza delle competenze dei componenti la Commissione, dovendosi comunque ricordare il consolidato indirizzo alla stregua del quale il requisito delle competenze nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto che i componenti della Commissione di gara debbono possedere va interpretato nel senso che la competenza ed esperienza richieste ai commissari debbono essere riferite ad aree tematiche omogenee, e non anche alle singole e specifiche attività oggetto del contratto.