Codice dei contratti e Regolamento unico: la nuova disciplina ai tempi delle sospensioni previste dallo Sblocca Cantieri
Una vera e propria corsa contro il tempo per avere uno schema di Regolamento di esecuzione, attuazione e integrazione del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti pubblici) pronto entro fine 2019. La commissione di esperti, istituita dal Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, guidata da Raffaele Greco, presidente di sezione del Consiglio di Stato, sta già lavorando per limare un provvedimento che avrà l’ardito compito di ordinare la materia e per ottenere un testo il più possibile “blindato” che scongiuri l’eventuale parere contrario di uno dei soggetti interessati durante il tortuoso iter di conversione in Decreto del Presidente del Consiglio.
Dopo la definizione da parte della Commissione di esperti di Porta Pia, lo schema di regolamento dovrà ottenere il “concerto” del Ministero dell’Economia, i pareri della Conferenza Stato Regioni, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti, per arrivare finalmente all’approvazione finale da parte del Consiglio dei ministri. Un iter che negli ultimi 3 anni ha visto arenarsi molti provvedimenti tra i quali ricordiamo quello della qualificazione delle stazioni appaltanti e dei livelli di progettazione.
In riferimento alle varie sospensioni previste dal decreto Sblocca Cantieri, sembrerebbe che la decisione presa sia quella di definire un Regolamento che prenda in considerazione lo stato dell’arte attuale. Ciò che non si sa è se questa decisione porterà ad un’ulteriore modifica del Codice dei contratti, rendendo permanenti le sospensioni, o se la decisione sarà presa strada facendo dopo che il Governo avrà relazionato alle Camere sugli effetti della sospensione per gli anni 2019 e 2020, al fine di consentire al Parlamento di valutare l’opportunità del mantenimento o meno della sospensione stessa.
Ricordiamo, infatti, che nella versione modificata dallo Sblocca Cantieri, il Codice dei contratti ha sospeso fino al 31 dicembre 2020 alcune disposizioni che hanno costituito la colonna portante della riforma del 2016, ovvero:
- l’art. 37, comma 4, con un ritorno delle stazioni appaltanti “diffuse”;
- l’art. 59, comma 1, quarto periodo, con la quale viene sospeso il divieto dell’appalto integrato;
- l’art. 77, comma 3, con l’effetto di sospendere l’obbligo di ricorrere all’albo unico dei commissari di gara gestito dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (la cui entrata in vigore era stata più volte sospesa dall’ANAC).
A queste si aggiungono altre sospensioni di natura procedurale (sempre fino al 31 dicembre 2020), che prevedono il blocco dell’applicazione:
- del comma 6 dell’articolo 105 del Codice dei contratti pubblici, per cui non sarà più obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta;
- del terzo periodo del comma 2 dell’articolo 174 del Codice dei contratti pubblici, in modo che non sarà più obbligatorio che gli operatori economici indichino in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi;
- delle verifiche in sede di gara previste, per il subappaltatore, dall’art. 80 del codice dei contratti pubblici.
Tra le disposizioni più controverse contenute nello schema di regolamento, da segnalare quella contenuta nell’art. 19, comma 8, che fa tornare la possibilità per le stazioni appaltanti di mandare in gara un progetto di fattibilità tecnica ed economica “rinforzato” che rappresenta pur sempre un ritorno al passato osteggiato dalle categorie professionali.
Il nuovo Regolamento definisce tra le altre cose i livelli di progettazioni con delle disposizioni di fatto identiche a quelle che erano state previste in un decreto ministeriale di giugno 2018 recante “Definizione dei contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali” ma che non aveva mai visto la luce, nonostante avesse ricevuto l’approvazione del Consiglio di Stato, ma non il via libera degli altri soggetti (che dovranno evidentemente emettere sul nuovo Regolamento).