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Il Tar Friuli Venezia Giulia chiarisce i limiti del subappalto

By consulteam inAppalti pubblici

Il TAR Friuli Venezia Giulia con sentenza n. 187 del 27/05/2023, si è pronunciato sui limiti del subappalto, statuendo a riguardo che l’art. 105, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, così come il disposto del nuovo Codice dei Contratti (d.lgs. n. 36/2023), non ostano al principio stabilito dalla normativa europea per cui non possono porsi limiti generali al subappalto, indipendentemente dalla tipologia di prestazione.

I giudici hanno specificato che il subappalto può essere limitato se esistono delle motivazioni di natura tecnica e la SA può specificare le restrizioni operate all’interno della lex specialis.

Nel caso di specie, il tribunale ha respinto il ricorso contro una stazione appaltante che aveva negato all’impresa aggiudicataria dei lavori di realizzazione di un edificio scolastico la possibilità di utilizzare il subappalto per un’intera categoria di lavori. L’aveva quindi invitata a modificare la propria istanza per consentire il subappalto nei termini consentiti, ma la questione è invece giunta davanti al giudice amministrativo.

La decisione della Stazione appaltante, secondo l’impresa,  sarebbe stata presa in violazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, essendo stato sancito dalla Corte Europea il principio per cui non possono porsi limiti generali al subappalto, indipendentemente dalla tipologia di prestazione. Non sarebbe stata applicata, nella fase esecutiva del rapporto contrattuale, la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea secondo cui sarebbe incompatibile con la direttiva 2014/24/UE la disposizione nazionale – art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 che limita “al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.

Nella sentenza i giudici amministrativi spiegano che la Corte UE non ha inteso censurare in assoluto la previsione di limiti quantitativi al subappalto, ma solo la loro fissazione in via generale ed astratta ad opera della fonte primaria.  La C.G.U.E. ha dunque inteso preservare, anche in materia di subappalto, la discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici, consentendo loro di valutare, con la necessaria elasticità, le caratteristiche della situazione concreta.

Di conseguenza non è possibile ricavarne un divieto assoluto all’apposizione di limiti quantitativi al subappalto, che porterebbe ugualmente vincolare – pur se in senso opposto rispetto al censurato art. 105, comma 2 del Codice – l’azione degli Enti aggiudicatori. Il nuovo codice, difatti, pur non prevedendo limiti generali al subappalto, lascia le stazioni appaltanti libere di disciplinarne il ricorso in senso restrittivo, attraverso l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni “da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto …” (art. 119, comma 2).

Per altro la previsione contestata dalla ricorrente non deriva direttamente dalla legge, ma rinviene il suo fondamento esclusivo nella lex specialis e, dopo la stipula del contratto, nella volontà negoziale delle parti, che hanno liberamente accettato una determinata disciplina del rapporto. L’eventuale disapplicazione della norma primaria non sembra comunque idonea a privare di efficacia le disposizioni speciali e negoziali che la recepiscono.

Il TAR spiega che il contestato limite del 30% è fissato in riferimento a una specifica categoria di prestazioni e giustificato da “precise ragioni tecniche”.

Esso risulta quindi frutto di una valutazione “in concreto” dell’ente aggiudicatore, espressamente salvaguardata dalla C.G.U.E. e inoltre, le contestazioni in esame sono state svolte dalla ricorrente solo in fase esecutiva e risultano incompatibili con la sua precedente condotta, oltre che irrispettose del principio generale dell’ordinamento giuridico che vieta di “venire contra factum proprium”.

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