Consiglio Di Stato: Legittima La Revoca Dell’Aggiudicazione Per Sopravvenute Difficoltà Finanziarie Della Stazione Appaltante.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con Sentenza n. 4514/2020 del 13.07.2020, ritorna su un argomento già affrontato in passato, vale a dire la legittimità del provvedimento di revoca di un appalto per la realizzazione di un’opera pubblica nell’ipotesi in cui venga a mancare la provvista finanziaria posta a base dell’appalto stesso.
Nel caso esaminato dal Giudice amministrativo, la ditta aggiudicataria ha impugnato la determinazione dirigenziale, con la quale è stato disposto “l’annullamento” d’ufficio (qualificazione terminologica rivista in corso di giudizio e corretta in “revoca” del provvedimento ex art. 21-quinquies della legge n. 241/1990), degli atti di gara relativi alla realizzazione dei lavori di riqualificazione energetica di un Complesso scolastico e, al contempo, per far dichiarare l’obbligo della Stazione Appaltante di sottoscrivere il contratto di appalto per l’affidamento della progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori.
Durante la trattazione della causa è stato accertato, in particolare, che la ricorrente, risultata al primo posto della graduatoria, era stata invitata in un primo momento dall’Amministrazione committente a trasmettere la documentazione necessaria alla stipula del contratto, tra cui le autodichiarazioni attestanti il possesso dei requisiti professionali, oltre che a versare la cauzione definitiva prevista dal Bando di gara. Espletati i controlli previsti, l’Ente aggiudicava definitivamente l’appalto alla ricorrente, chiedendole ancora la stipula della polizza assicurativa per responsabilità civile verso terzi unitamente al pagamento delle spese sostenute dall’Ente per la pubblicità degli atti di gara, a suo tempo poste a carico dell’operatore che fosse risultato vincitore.
Successivamente, la ditta partecipante, non essendo stata convocata per la stipula del contratto di appalto, iniziava a sollecitare l’Amministrazione aggiudicataria a compiere gli atti necessari in tal senso e, di fronte al silenzio serbato dal Comune, ha adito il Tar competente al fine di far dichiarare l’obbligo di quest’ultimo a stipulare il contratto. In tale sede, il Comune interessato evidenziava l’assenza (sopravvenuta) delle provviste necessarie all’esecuzione dell’opera e, a causa di ciò, comunicava l’annullamento d’ufficio della procedura di gara, rilevando che l’intervento oggetto di appalto era stato programmato in eccesso rispetto alla dotazione finanziaria dell’Asse finanziario 3 – “Energia” in cui esso era ricompreso.
La ditta aggiudicataria ha impugnato conseguentemente il provvedimento di “annullamento” della gara, da cui è scaturito il giudizio poi definito in secondo grado con la sentenza in commento.
Il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità della revoca (e non l’annullamento) dell’aggiudicazione definitiva, avvenuta in forza dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, sulla scorta di un orientamento giurisprudenziale affermatosi negli ultimi anni, per il quale le sopravvenute difficoltà finanziarie possono giustificare dei provvedimenti di ritiro o revoca in autotutela delle procedure di gara fino a che il contratto non sia stato stipulato (Cons. di St., Sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6406; Sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 156; Sez. V, 2 maggio 2013, n. 2400 e, da ultimo, la nota Ad. Plen. 20 giugno 2014, n. 14).
Nello specifico, la perdita della copertura finanziaria prevista originariamente per un’opera pubblica rappresenta una circostanza che giustamente “può indurre l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi all’affidamento di un contratto e dunque riconducibile alla principale ipotesi di revoca di provvedimenti amministrativi (Cons. Stato, V, 6 novembre 2017, n. 5091)”.
Di conseguenza, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse oppure nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, l’aggiudicazione anche se definitiva di una commessa pubblica, è assimilabile a un qualsiasi provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, quindi può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato.
Chiarita la legittimità della revoca, il Giudice d’appello ha comunque confermato come la colpevole inerzia dell’amministrazione nell’adoperarsi per conseguire dalla Regione Campania o per altrimenti reperire le risorse per finanziare i lavori possa rilevare esclusivamente a titolo di responsabilità precontrattuale.
Sotto questo profilo, non viene in rilievo l’attività provvedimentale della p.a. (l’esercizio diretto ed immediato del potere), bensì il comportamento (collegato in via indiretta e mediata all’esercizio del potere) complessivamente tenuto dalla stazione appaltante nel corso della gara, di modo che rilevano le regole di diritto privato la cui violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità; sul punto, è stato ribadito che anche per la p.a. le regole di correttezza e buona fede, così come per i privati, sono regole di responsabilità.
La situazione dedotta in giudizio come colpevole inerzia del Comune di Casalnuovo di Napoli che ha (o avrebbe) determinato la mancanza di risorse per finanziare i lavori aggiudicati, inerendo ad un comportamento contrario a buona fede nella formazione del contratto, dà (o darebbe) luogo, appunto, a responsabilità ai sensi dell’art. 1337 cod. civ., norma applicabile anche nei confronti della p.a..
La conclusione è coerente con l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, fino al recente approdo dell’Adunanza Plenaria che ha enunciato i seguenti principi di diritto:
- Anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza.
- Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento.
- La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede”. (Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5).